Per i datori di lavoro, una forza lavoro che invecchia dovrebbe rimanere produttiva ed efficiente (efficienza); per i sindacati, le imprese dovrebbero creare le condizioni in base alle quali i lavoratori più anziani possano contribuire attivamente alla creazione di valore, colmando il proprio vuoto di competenze e rispondendo alle crescenti necessità in termini di assistenza sanitaria e vita privata (equità). Ciò richiede un atteggiamento positivo e la partecipazione attiva dei datori di lavoro e dei lavoratori, che dovrebbe basarsi su un reciproco adattamento al fine di conciliare le rispettive esigenze. La gestione del lavoro e la solidarietà trasversale tra i lavoratori e la partecipazione sono quindi concetti centrali, associati alla sostenibilità, per mitigare gli effetti di un invecchiamento del luogo di lavoro (voce).
Di conseguenza, la cooperazione e la contrattazione integrativa emergono come un fattore abilitante per plasmare l’invecchiamento attivo attraverso relazioni industriali e partnerships sociali a livello nazionale o locale. Viceversa, mentre l’approccio distributivo ai rapporti di lavoro e alla contrattazione collettiva prevale su quello integrativo e gli effetti sulla sostenibilità sono più probabilmente negativi o controversi. La voce, a questo riguardo, si esprime in termini di conflitto: i rapporti di lavoro sono polarizzati piuttosto che essere bilanciati tra efficienza ed equità.
Tuttavia, in Italia le relazioni industriali conflittuali, che riflettono maggiormente rapporti di lavoro basati sul potere piuttosto che sulla fiducia, prevalgono ancora e si traducono in esiti di una minore contrattazione integrativa. Le pressioni sull’efficienza da parte dei datori di lavoro tendono a esacerbare questo atteggiamento conflittuale: nella maggior parte dei casi, i rapporti di lavoro in fabbrica sono polarizzati piuttosto che bilanciati tra efficienza ed equità, e questo ostacola la gestione sostenibile della forza lavoro che invecchia. In contesti in cui il clima delle relazioni industriali è conflittuale, le pressioni sull’efficienza tendono a prevalere sulla sostenibilità, e la prospettiva di plasmare le politiche occupazionali ina base al corso della vita rimane poco pratica. Non sorprende che le normative nazionali o settoriali basate su un compromesso sostenibile tra efficienza ed equità non si traducano necessariamente in pratiche di gestione delle risorse umane o di relazioni industriali aziendali sostenibili, o che si verifichino oscillazioni della produttività che alti in tutti i settori e aziende.
Inziative a livello nazionale
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